Quando ci troviamo di fronte alla malattia perdiamo facilmente lucidità, per le paure, preoccupazioni e domande che si susseguono nella nostra mente. La mente, infatti, si considera il referente principale di valutazione per tutto ciò che ci accade a livello fisico, anche se, in realtà, è cosciente di una minima parte delle informazioni che il nostro cervello elabora continuamente. La conseguenza inevitabile di questo meccanismo è che la mente finisca per considerare “errato”, e quindi “malattia”, tutto quello che non è in grado di capire.
In merito al CONCETTO DI SALUTE-MALATTIA è interessante scoprire il punto di vista di Jader Tolja (medico chirurgo, trainer di anatomia esperienziale e psicoterapeuta formatore), che, insieme a Divna Slavec (educatrice somatica) ha scritto il libro “La malattia sana - perché le malattie vengono ed eventualmente se ne vanno”. Gli autori propongono che il focus dell’attenzione venga spostato dalla “mente” al “corpo”, o meglio, è soltanto osservando l’origine della “malattia” dal punto di vista del corpo, e non da quello della mente, che essa può essere percepita come una soluzione ovvia e naturale per mantenere l’organismo in “salute”. Noi esseri umani, infatti, non abbiamo una mente sradicata dal corpo, ma una mente che è fondamentalmente l’espressione di come siamo e di come ci sentiamo fisicamente, e un corpo che è l’espressione di come siamo mentalmente. “Corpi ben integrati sono allo stesso tempo espressione e causa di caratteri sinceri e diretti, corpi fluidi e sinuosi di caratteri sensuali, colonne vertebrali rigide di caratteri rigidi, corpi muscolosi di caratteri propensi all’azione, corpi piatti, asciutti e allungati di un’intensa attività cerebrale. Analogamente, la nostra sicurezza o insicurezza, la nostra stabilità o instabilità psichica, sono la diretta espressione della nostra stabilità e sicurezza fisica”. Generalmente consideriamo la nostra salute dal punto di vista delle nostre aspettative su noi stessi, e così facendo pensiamo che ciò che non corrisponde alle nostre aspettative sia sbagliato e che quindi vada cambiato non essendo “sano”. E per questo è molto diffusa l’abitudine di vedere ciò che fa il corpo come qualcosa che per principio è sbagliato, come se noi sapessimo molto meglio di lui quello che deve avvenire. Di solito, quando guardiamo la nostra salute dal punto di vista della mente, certe manifestazioni ci sembrano assolutamente inspiegabili e cominciamo a chiederci: perché?, che senso ha? In questi casi la mente vorrà eliminare tutto quello che il corpo esprime. Ma se questa persona, invece, comincia a guardare la sua malattia dal punto di vista del suo Sé profondo, cioè dal punto di vista del corpo (perché noi siamo corpo, “Essere corpo” Jader Tolja, Tere Puig), forse scoprirà che dietro, per esempio, ad una banale influenza ci può essere probabilmente l’esigenza di fermarsi un po’ rispetto ai ritmi forsennati della propria quotidianità e di occuparsi di altri aspetti di sé, come per esempio la propria vulnerabilità. La prospettiva cambia spostando il punto di vista. Ed è il caso di recuperare Aristotele che diceva “la natura non fa nulla di inutile”.
Quello che noi a livello mentale crediamo di essere, cerchiamo di essere, in psicoanalisi viene definito Io. E l’Io può credere di essere, cercare di essere, voler essere e fare di tutto per essere, forte, coerente, allegro, responsabile, generoso ecc.., ma il corpo non funziona così. Nel corpo, che corrisponde a quello che in psicoanalisi viene indicato come Sé, o anima, che è quindi la nostra natura più reale e profonda, per ogni aspetto esiste anche il suo complementare. “Per sopravvivere abbiamo bisogno di saper essere attivi, ma anche di saperci riposare, perché sennò ci esauriremmo; di essere attenti, ma anche di saperci distrarre, perché sennò rimarremmo esclusi da tutto il resto; di saperci prendere delle responsabilità, ma anche di saperle lasciare agli altri, perché sennò ne finiremmo schiacciati; di essere forti, ma anche vulnerabili, perché sennò non potremmo provare empatia e gli altri potrebbero solo temerci e non amarci; di essere indipendenti, ma anche dipendenti, perché sennò finiremmo per isolarci”. Quindi, è possibile fare questo paragone: come una persona per saltare verso l’alto ha bisogno prima di piegarsi verso il basso per caricarsi di energia fisica, così la nostra mente per poter offrire generosità ha bisogno di poter prima, e dopo, ricevere sufficientemente. Ecco spiegato perché per essere forti sia necessario percepire la propria fragilità e vulnerabilità ed essere in contatto con la propria umiltà; e per poter provare gioia profonda è necessario essere in grado di provare profondo dolore.
Questo argomento ci porta a parlare brevemente di “emozioni”, parola che deriva dal latino ex-movere, cioè muovo da dentro verso fuori, bisogni interiori che dall’interno si muovono verso l’esterno. Gli animali e i bambini sono maestri in questo: passano dalla tristezza alla gioia, dalla disponibilità all’egoismo sfrenato, dalla dolcezza, alla rabbia, senza filtri, ascoltando semplicemente cosa provano e canalizzando le emozioni, permettendo loro di esprimersi, in un libero fluire che procede dall’interno all’esterno. Ma se la mente di un individuo, con i suoi pregiudizi, le sue convinzioni, le sue sovrastrutture, si è creata una “maschera” che fa sì che quella persona appaia come non è, ciò che non viene espresso all’esterno trova una forma di espressione diversa e implode verso l’interno, per esempio con manifestazioni fisiche (possibili sintomi). Questo accade perché il corpo ha la possibilità di rivelare per via diretta quello che non viene riconosciuto ed espresso dalla mente.
In tutto questo, la malattia fisica non è l’unica possibilità. Esistono altri modi di esprimere i nostri bisogni misconosciuti, ad esempio comportamenti, o sintomi mentali, quali gli attacchi di panico, le ossessioni, le fobie. Tuttavia, la strada più facile e più comune che ha il corpo per esprimere il bisogno, l’emozione che non è stata riconosciuta ed è stata trattenuta, è quella di tradurli in sintomi somatici, in manifestazioni corporee. La SOMATIZZAZIONE è questo: l’espressione fisica di un bisogno emotivo attraverso ciò che definiamo MALATTIA.
In quest’ottica, quindi, SINTOMO NON SIGNIFICA NECESSARIAMENTE MALATTIA. Se andiamo a recuperare le esperienze dei nostri sintomi, ci sono tutta una serie di disturbi che non abbiamo mai considerato malattie, ma normali reazioni del nostro organismo. Altri sintomi, invece, magari anche di poco conto, come per esempio alcune innocue alterazioni del ritmo cardiaco che di fatto non ci procurano nessun dolore o impedimento, li abbiamo comunque considerati come malattia perché non ne abbiamo compreso il senso. Pertanto, si può dire che il termine MALATTIA sia la definizione che noi diamo a tutto quello di cui non comprendiamo la funzione. E il motivo per cui non riusciamo (o non vogliamo) capirne la funzione, è che il nostro disagio è relativo a qualche cosa con cui non ci identifichiamo, perché non avendo permesso al bisogno sottostante di esprimersi, non ne siamo pienamente consapevoli. Ecco che un percorso di consapevolezza, rende liberi dai condizionamenti inconsci, permettendo di comprendersi nei propri bisogni profondi, legittimandoli. Ciò è possibile partendo dal presupposto che ogni volta che ci allontaniamo da quello che siamo veramente, dai nostri bisogni, dal Sé profondo, il corpo creerà un sintomo emotivo inizialmente, o una malattia successivamente, che farà la sua comparsa quando la distanza tra quello che crediamo e vogliamo essere e quello che siamo in realtà è diventata significativa per il nostro organismo. La stessa peggiorerà quanto più tireremo la corda, migliorerà quanto più ci riavvicineremo ai nostri bisogni e alla nostra vera natura, e, probabilmente, se ne andrà una volta che la distanza si sia eventualmente colmata e che quello che pensiamo e facciamo corrisponde a quello che sentiamo e siamo. Quindi il corpo può essere considerato uno strumento che tenta di darci preziose informazioni rispetto a quello che ci succede dentro. E la malattia ci costringe e riportarci in contatto con le parti più profonde di noi stessi. E se, in quest’ottica, cominciamo a considerarla fisiologia e smettiamo di vederla come patologia, se cioè la consideriamo un aspetto del funzionamento normale e non come un “guasto” dell’organismo, la malattia diventa quella condizione che permette alla nostra persona di estendersi oltre i suoi limiti naturali e nello stesso tempo di non perdere il legame con quello che è, diventa “una freccia che ci indica come tornare a casa”, “una possibilità caratteristica degli esseri umani per allargare il raggio delle proprie esperienze e possibilità, senza dimenticare dov’è il centro”.
La visione proposta in merito al concetto di salute-malattia può aiutare quelle persone per le quali la preoccupazione per la propria salute può essere causa di profondo disagio a tal punto da compromettere le attività quotidiane e la qualità delle relazioni sociali. Quando la preoccupazione diventa talmente intensa da incidere sulla qualità di vita ci troviamo di fronte ad un DISTURBO D'ANSIA PER LA SALUTE o ipocondria.
CHE COS’È
È un disturbo caratterizzato dalla preoccupazione incessante ed eccessiva che spinge ad interpretare un sintomo di per sè innocuo come ad esempio un mal di testa, tosse, difficoltà a respirare o altre sensazioni, come segno di una grave malattia, convinzione basata sull’errata interpretazione di più segni o sintomi fisici, sebbene le visite specialistiche e gli accertamenti diagnostici escludano la presenza di una malattia grave.
IL RUOLO DI EMOZIONI E PENSIERI
Nonostante le rassicurazioni mediche, la convinzione di avere una grave malattia persiste, perché è sostenuta dalla convinzione di un possibile errore da parte dei medici, e alimenta la reiterazione delle visite e dei controlli, andando a creare un circolo vizioso dal quale la persona non esce e che nutre il profondo disagio che vive. Alcune persone possono entrare in allarme se leggono o sentono parlare di una malattia, se vengono a sapere di qualcuno che si è ammalato o che è deceduto per una grave malattia, perché riconducono banali segni del loro corpo alla grave malattia in questione. L'aspetto centrale, quindi, consiste in un'interpretazione errata di sintomi e sensazioni corporee normali, che vengono considerati indice di una grave patologia. La risposta che tipicamente accompagna questa interpretazione errata è l'ansia.
COME SI MANIFESTA
Chi soffre di un disturbo d'ansia per la salute vive una condizione di forte malessere, perché è come se la propria vita fosse costantemente a rischio. Tende di conseguenza a:
DIFFUSIONE
Si tratta di un disturbo piuttosto comune che colpisce sia uomini che donne e può manifestarsi ad ogni età. Dal 3 al 10% della popolazione generale ne soffre. Può presentare un andamento a fasi con alti e bassi, con un’alternanza di periodi di profondo disagio ed altri di serenità.
CAUSE
Esistono degli eventi critici (ad esempio la malattia o la morte di un parente o una persona conosciuta, l'esposizione inadeguata a informazioni mediche durante l'infanzia) che possono attivare delle convinzioni riguardanti temi di salute che portano alla errata interpretazione dei sintomi (ad esempio il dolore al petto è segno di un infarto).
Oltre ai fattori ambientali esistono evidenze circa l'importanza nell'insorgenza del disturbo di fattori genetici (si può, infatti, ereditare la maggiore vulnerabilità a questo disturbo), e fattori biologici (da numerosi studi si è evidenziato che alcune variazioni nella regolazione dei neurotrasmettitori possono rendere alcune persone più sensibili ad alcuni stimoli ansiogeni).
Il disturbo d'ansia per la salute può presentarsi inoltre associato ad altri disturbi, come ad esempio la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo e il distubo d'ansia con attacchi di panico.
TRATTAMENTO
L’ intervento psicoterapeutico più efficace prevede una ristrutturazione cognitiva, partendo dal presupposto che questo disturbo sia alimentato da una serie di circoli viziosi su cui è importante intervenire. Aiuta, quindi, chi soffre d’ansia per la salute ad interpretare in maniera adeguata i sintomi corporei e a correggere errori di pensiero che mantengono le preoccupazioni e alimentano le richieste di rassicurazioni ed esami medici.. La paura, infatti, attiva una serie di reazioni fisiologiche naturali (aumento del battito cardiaco, aumento della respirazione, sudorazione, sensazione di vertigine, tremori…). Se interpretiamo queste normali sensazioni fisiche espressione dell'ansia come segno di una malattia grave, la paura tenderà ad aumentare e di conseguenza anche le sensazioni fisiche corrispondenti. Pertanto, è importante lavorare su:
Alla psicoterapia può in certi casi essere necessario associare la terapia farmacologica, anche se èspesso frequente in chi soffre di un disturbo d'ansia per la salute la paura di assumere farmaci per timore di possibili effetti collaterali. In effetti il trattamento farmacologico può aiutare a diminuire la sintomatologia associata all'ansia, ma è l'intervento psicoterapeutico che può permettere di andare a recuperare le cause della paura, e rendendo la persona consapevole di esse, a contenerne gli effetti e a superarli.
Dott.ssa Irina Boscagli
Psicologa Psicoterapeuta a Firenze
Psicologa Psicoterapeuta a Firenze
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